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Gigi Riva
CALCIO – “Rombo di Tuono” va in pensione: non se la sente più di continuare nel ruolo di dirigente della FIGC.

ROMA – Rombo di Tuono se ne va, lascia il suo incarico in seno alla FIGC. In punta di piedi, e non in maniera roboante come invece ha amato vivere in questi cinquanta anni di calcio ai massimi livelli nazionali e mondiali.

Varesotto di Leggiuno, era ancora un bambino quando si innamorò della Sardegna, di cui divenne il maggior esponente calcistico: con lui il club sardo conquistò il suo primo – e finora unico – scudetto, dopo che Gigi aveva già portato la nazionale di Valcareggi ad assidersi sul trono d’Europa, in un’indimenticabile serata romana, contrassegnata da fiaccole che festeggiavano il successo sulla Jugoslavia.

Dotato di un sinistro terrificante (un giorno un suo bolide in allenamento finì in tribuna e spezzò un braccio ad un ragazzo).

“Gigirriva”, come veniva declinato con accento sardo, è più di una semplice icona: per un’isola intera lui E’ il calcio. E la sua leggenda diviene ancora più affascinante, se si pensa che all’epoca rifiutò la corte serrata di tanti blasonatissimi club, in primis la Juventus, replicando semplicemente: “Grazie, sto benissimo a Cagliari“. mancanza di ambizione? No, perché di strada ne ha fatta tanta, diventando campione d’Italia e d’Europa, capocannoniere, vicecampione mondiale nel 1970, in Messico. E suscitando più ammirazione che avversione in tutti i suoi antagonisti, difensori avversari o tifosi di altri colori che fossero.

Schivo e riservato, non per questo ha mai disdegnato la bella vita (donne e sigarette, le sue debolezze più vistose), ma in campo era un’iradiddio. Già, tutto attaccato, proprio come Gigirriva.

Dal suo piede mancino poteva partire una palombella beffarda sotto al sette, ma più spesso e volentieri una mazzata terrificante da poter essere vista soltanto al replay.

La sua carriera non venne interrotta, ma certamente subì un brutto colpo il giorno in cui l’austriaco Hof, entrando in palese ritardo, gli spezzò tibia e perone.

Gigi Riva strinse i denti, lottò a lungo e tornò in campo, ma non era più quello di prima.

Appese gli scarpini al chiodo ed entrò nello staff azzurro, senza però mai abbandonare Cagliari, la sua adorata terra d’adozione.

Oggi gli acciacchi da sessantottenne, aggravati dai colpi subìti da tanti difensori in gioventù, gli fanno lasciare il suo posto.

Ma nell’immaginario collettivo non sparirà mai l’immagine di quel marcantonio lombardo che, primo fra tutti, si permise di spezzare l’egemonia a strisce del calcio italiano. Con un sinistro potente e devastante. Un rombo di tuono, appunto.